Omaggi

Recensioni del Dott.Domenico Taricco

Giorgio Morandi

L’arte occidentale ha stimolato un’educazione pittorica e stilistica a venire in superficie limando un sentire del tutto naturale e fondamentalmente originale.
Come sostiene la stessa Rapetti: “…copiando le opere di questi maestri del ‘900 ho potuto perfezionare la tecnica figurativa dei miei dipinti. Per loro grande riconoscenza…loro non lo sanno ma…” continuano a vivere attraverso la sua dedizione creativa trasformando ciò che apparentemente è naturale in qualcosa di più profondo.
Eppure, aggiungerei: “Credo che in qualunque forma o materializzazione cosmica del tempo, costoro già lo sappiano!”
Per quanto riguarda gli Omaggi a Morandi assistiamo ad una serie di Paesaggi che incarnano lo stile oltre la tecnica del maestro bolognese.
Come lo stesso Giorgio Morandi affermava: “Esprimere ciò che è nella natura cioè nel mondo visibile è la cosa che maggiormente mi interessa”.
E la Rapetti lo ha fatto e continua a svolgerlo tecnicamente nel suo fare artistico. Sentire le cose oltre la loro apparenza ma partire da essa per come si manifesta e trasmetterla trasformata e purificata.
Perché la nostra artista compie un’ulteriore operazione di purificazione analitica di ciò che è esteriore interiorizzando lo stato effimero della natura sino a sublimarlo per mezzo della pittura.
Morandi infatti era dedito alle nature morte ma le amplificò esponendo con i futuristi e divenendo con Carrà e De Chirico uno dei massimi esponenti della scuola metafisica. Ma si accostò conseguentemente al gruppo dei Valori Plastici recuperando proprio la fisicità delle cose. Oltre che maestro incisore ha delineato un percorso fisico senza precedenti usando sempre meno la varietà dei colori.
Caratteristiche che hanno determinato la sobrietà delle forme al limite d’una surrealtà del tutto unica e particolare.
Questa coesistenza tra dimensione poetica e realtà sono caratteristiche che contraddistinguono la maturità pittorica della Rapetti che sin da queste opere evocative rinvia all’asciuttezza, alla sintesi ed alla spiritualità insita nelle cose.

André Derain

Altra serie di Omaggi è dedicata al pittore francese Andrè Derain. Sappiamo di questo pittore che era stato avviato agli studi di ingegneria e che attraverso la conoscenza di artisti come Henri Matisse o di Maurice de Vlaminck decise di intraprendere la via dell’arte esponendo nel 1905 presso il Salon d’Automne ed il Salon des Indépendants nel gruppo dei  Fauves-le belve. Oltre che seguire le concezioni primitiviste di Paul Gauguin si distaccò dalle connotazioni fauviste così come da quelle cubiste incitate dal suo amico Picasso. Il Ritorno all’ordine riporterà in auge la prospettiva del chiaroscuro incrociando le vie compositive di Morandi. Caratteristiche che lo portarono al cosiddetto periodo gotico/primitivo dal quale mosse verso le provocazioni dadaiste e surreali.
Queste premesse storiche definiscono un percorso pittorico particolare ed articolato da influenze stilistiche molto complesse che la Rapetti è stata in grado di affrontare nel corso della sua formazione.
Pensiamo al Bord de Seine à Chateau, in cui sembra tornare a quelle formulazioni neoimpressionistiche echeggiate da mostri sacri dell’universo pittorico come da Vincent van Gogh e da Paul Cézanne.
Qui la Rapetti restituisce all’opera luminosità, serenità e naturalismo classico in cui è centrale l’equilibrio formale attraverso uno stile misurato in cui sembra davvero accostare fauveisticamente i colori freddi a quelli caldi mediante il potente uso delle pennellate rendendo così visibile la preponderanza degli accostamenti formali. Lo stesso vale per l’acquerello od alla copia dell’opera intitolata Villeneuve les Avignon.

Auguste Chabaud

Anche per Auguste Chabaud il discorso è analogo.
La serie degli Omaggi a Chabaud ci consentono di entrare a contatto con un’esperienza artistica ulteriormente proiettata verso la frammentazione della forma sino alla sua ricostruzione. Sappiamo di Chabaud che ancora giovane entrò nella Ecole des Beaux-Arts di Avignone dove anche lui conobbe Henri Matisse e lo stesso André Derain. Tra i suoi viuaggi e peripezie visse il periodo cubista sino al primo dopoguerra che lo portò ad usare il blu di Prussia come unico colore delle sue opere. Assistiamo a questa plasticità in opere come Les meules près de la maison, in cui la Rapetti indaga ulteriormente la connotazione formale attraverso cromie più asciutte rispetto a quelle degli artisti precedenti.
Elementi che su un piano più discorsivo emergono anche dalla leggerezza dell’Acquerello della stessa opera in cui è possibile ammirarne l’impatto compositivo attraverso l’armonia delle forme.
Esperienze di tre artisti differenti: Derain era del 1880, Chabaud del 1882 e Morandi del 1890, ma le loro esistenze artistiche si sono incrociate per uno stile creativo che mirava a snaturare gli stereotipi di una classicità fondata sull’imitazione della natura circostante sino ad abbracciare un desiderio profondo di attraversarla mediante un occhio interiore in cui la forma dinamizzava il proprio processo seguento la ritmica temporale di una cromia sempre più dissociata dall’oggettività concreta delle cose.
Percorsi che avevano come risultante essenziale la spiritualizzazione della materia.
Connotati estetici che sono rimasti impressi nella logica creativa della Rapetti che attraverso la materia decanta lo spirito del mondo.
Gli Omaggi determinano un ritorno della Rapetti alle origini.
Una sorta di viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio, forse alle origini di un mondo che non è mai stato obliato dal suo modo di essere.
Ci troviamo infatti al cospetto dell’archetipo del Sé in cui è il pensiero ovvero la ratio a compiere il suo slancio ulteriore nella memoria del soggetto pensante. Un pensiero che tende a razionalizzare il senso concreto delle cose, a riflettere, a scindere proiettandosi verso ciò che verrà.
Un viaggio nelle profondità di una pittura che trova nei maestri del passato la via illuminata verso il senso plastico di una materia che spiritualizza le forme attraverso il colore, la velocità o la sua posizione nello spazio.
Qui siamo in presenza dell’ultima Nobile Verità che trova la via della trasformazione dalla sofferenza in gioia.

Van Gogh